L’arte dei primitivi non ci ha lasciato alcuna immagine di bimbi. Questo perché prima del 4000-3000 a.C. il bambino non era ritenuto un piccolo individuo con una personalità ben distinta. Dopo queste date l’arte era in funzione solo di re e di dei e quindi il bambino esordisce da gran signore. Tuttavia almeno fino ai greci l’arte fine a se stessa non esiste, ma è sempre legata a una utilità. L’immagine deve sostituire il vivo in carne e ossa anche nella preghiera del tempio. Per questa ragione l’arte egiziana e quella caldaica non tengono conto dei due grandi ideali del mondo classico: bellezza e verità. Gli scopi sono diversi. La rappresentazione del re Ur-Nina dell’inizio del III millennio a.C. con i suoi figli è fatta per ciascuno su piani diversi per i piedi, la testa e l’occhio da una parte e il busto e le mani dall’altra per una singolare forza espressiva. Fa eccezione in questo periodo la statua del faraone Akhenaton che bacia in bocca la figlioletta (1370 a.C. circa). E’ nel 600-500 a.C. in Grecia che appare l’esaltazione della realtà e della bellezza, per es. con Dioniso fanciullo o amorino, che la rappresentazione si libera dallo scopo magico.
Con il cristianesimo i valori spirituali prendono il sopravvento. Lo stile ripudia il canone classico della bellezz esteriore e vi sostituisce la bellezza interiore da esprimere con mezzi semplici e a volte rudi con stilizzazioni fatte di rettangoli ideali nella costruzione di figure fortemente semplificate. Il piglio di Gesù bambino, signore del mondo, diventa severo.
Nella cattedrale gotica il bambino serve a indicare l’anima del defunto. Queste anime bambine sorridono vagamente. Questo sorriso diventa scoppio di gioia pagana nel piccolo Eros di Donatello. Il ritorno rinascimentale al classico coincide con lo studio in profondità della psicologia del fanciullo, che però resta satura di idealismo.
Nel seicento si impone un certo realismo borghese, più umano e bonario e arriva fanciullo di tutti i giorni. Il settecento fornisce una interpretazione più elegante e più gaia che accende di bianco e rosa le guance pienotte o mette la polvere di cipria sui capelli.
La rivoluzione degli impressionisti dà al fanciullo un sapore nuovo con i suoi quadri di famiglia e le gioiose figure en plein air. La strada è aperta per le creazioni e invenzioni delle epoche successive. Ma non c’è dubbio che le scomposizioni coscienti della figura operate da Picasso ci ricordano forse le magiche leggi dei bassorilievi dei caldei.
Il fanciullo nell'arte
Arte e fotografia
Il fanciullo nell'arte
Editore: Istituto Geografico De Agostini
- Anno : 1952
- Disponibile : No
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